RISARCIMENTO PER INTERVENTO INUTILE
Per la Cassazione l’intervento inutile, anche se eseguito correttamente e senza far peggiorare la salute del paziente, determina comunque un danno
Per la Cassazione l’intervento inutile, anche se eseguito correttamente e senza far peggiorare la salute del paziente, determina comunque un danno
Qualora un intervento operatorio, sebbene eseguito in modo conforme alla lex artis e non determinativo di un peggioramento della condizione patologica che doveva rimuovere, risulti del tutto inutile avendo la struttura sanitaria omesso l’esecuzione dei trattamenti preparatori all’intervento necessari per assicurarne l’esito positivo, nonché l’esecuzione o prescrizione dei necessari trattamenti sanitari successivi, si configura una condotta colposa della struttura per inesatto adempimento dell’obbligazione.
In tali casi l’intervento si concreta in un’ingerenza inutile nella sfera psico-fisica della persona che viene lesa ingiustificatamente con conseguente danno di natura non patrimoniale, ravvisabile sia nella limitazione e nella sofferenza patita per il tempo occorso per le fasi preparatorie, di esecuzione e postoperatorie dell’intervento, sia nella sofferenza ricollegabile alla successiva percezione della inutilità dell’intervento.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, III sezione civile con la sentenza n. 12597/2017 a seguito di ricorso avanzato da un paziente per un intervento chirurgico subito in una clinica dopo che la Corte d’Appello territoriale aveva valutando che l’intervento era stato correttamente eseguito e non vi erano state lesioni o postumi conseguenti all’intervento chirurgico.
La Cassazione ha tuttavia stabilito che la prestazione “inutile” costituisce comunque inesatto adempimento essendo pacifico il fatto che il paziente venne sottoposto ad un intervento chirurgico ( con un’ingerenza nella propria sfera psicofisica) in mancanza però delle condizioni di preparazione necessarie per il successo dell’intervento, cioè per la rimozione della patologia, cui l’intervento doveva essere funzionale e senza che, dopo la sua esecuzione, si prescrivesse la terapia riabilitativa parimenti necessaria per il suo successo.
A causa di questo duplice comportamento omissivo, dunque l’esecuzione dell’intervento è risultata inutile, nonostante la correttezza della tecnica impiegata per eseguirlo .
Non deve trascurarsi, secondo la Cassazione, che l’esecuzione dell’intervento, pur corretta nelle sue modalità, a cagione del comportamento omissivo preparatorio e di quello successivo si era concretata in una ingerenza nella sfera psico-fisica del paziente del tutto inutile e come tale priva di giustificazione, perché oggettivamente inidonea e non finalizzata all’eliminazione della patologia.
Tali condotte oltre che un danno evento (ingerenza nella sfera psico-fisica del paziente ) non giustificato dal consenso da esso dato all’intervento, hanno prodotto anche un danno conseguenza identificato sia nella menomazione delle normali implicazioni dell’agire della persona, sia nella sofferenza notoriamente ricollegabile alla successiva percezione dell’esito non risolutivo dell’intervento.