Il danno per il difetto di informazione va sempre risarcito al paziente anche se l'atto medico è riuscito.
In caso di mancanza o incompletezza del consenso informato, il paziente va sempre risarcito.
In caso di mancanza o incompletezza del consenso informato, il paziente va sempre risarcito.
In caso di mancanza o incompletezza del consenso informato, il paziente va sempre risarcito.
E non rileva il fatto che l’atto medico sia riuscito. La violazione dell’obbligo informativo, costituisce di per sè un danno da risarcire anche se non vi è stato un danno alla salute, in quanto ad essere leso è il diritto all’autodeterminazione del malato.
Ciò è quanto ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 10414/2016 del 20 maggio corrente anno in accoglimento di un ricorso di una paziente che lamentava la mancata condanna del medico e della struttura sanitaria al risarcimento del danno per l’inadempimento degli obblighi informativi.
I giudici dei precedenti gradi avevano infatti liquidato solo il danno biologico ritenendolo esaustivo di ogni altro danno così come personalizzato.
La paziente in Cassazione lamentava l’errore delle sentenze di merito laddove non avevano ravvisano come autonoma e distinta voce di risarcimento la mancanza di informazione e di consenso informato a prescindere dal danno alla salute e dagli altri danni ad esso connessi.
La Corte ha accolto il ricorso, precisando che in materia di attività medica è principio consolidato che “è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, ‘ex ante’, necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, ‘ex post’, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento” ( in tal senso, anche Cass. n. 12205/2015).
Ne scaturisce il principio che l’acquisizione del consenso informato del paziente è “prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, di talché l’errata esecuzione di quest’ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi”.