ANATOCISMO BANCARIO

Si parla di anatocismo sui mutui quando la banca che ha concesso il prestito opera una capitalizzazione degli interessi…

Si parla di anatocismo sui mutui quando la banca che ha concesso il prestito opera una capitalizzazione degli interessi. L’anatocismo è vietato dall’ordinamento giuridico vigente pur con qualche eccezione.
In linea di principio, in base a quanto stabilito nell’articolo 1283 del Codice Civile, l’anatocismo bancario è consentito solo in relazione a interessi scaduti da almeno sei mesi e in presenza di una domanda giudiziale o di una convenzione posteriore alla scadenza. La disciplina dell’anatocismo sui mutui è definita in dettaglio dalle norme contenute nella Deliberazione del 9 febbraio 2000 del CICR, applicabile ai mutui sottoscritti a partire dal 1 luglio 2000.
L’articolo 3 della delibera, riguardo ai finanziamenti con piano di rimborso rateale, stabilisce che, in caso di mancato pagamento delle rate nei termini concordati, la banca possa applicare gli interessi di mora sull’intero importo della rata. Dal momento che il piano di ammortamento di un mutuo prevede il pagamento di rate che includono il rimborso di una quota di capitale e di una quota di interessi, questa norma rende di fatto possibile la capitalizzazione degli interessi. Nel calcolo degli interessi di mora, quindi, gli interessi inclusi nella rata finiranno con il produrre altri interessi.
La capitalizzazione degli interessi del mutuo è possibile per un periodo limitato di tempo, compreso tra la scadenza della rata e il momento del pagamento. L’anatocismo sul mutuo è possibile solo a patto che sia espressamente indicato in forma scritta nel contratto di finanziamento. Inoltre, la banca è tenuta al rispetto dei limiti rappresentati dalla soglia anti-usura: nel complesso, la combinazione di tassi di interesse del mutuo e tassi di interesse di mora non può superare i limiti fissati dalla legge.

Il piano di ammortamento alla francese è certamente il più diffuso e praticato dagli istituti bancari; esso prevede che il mutuatario provveda a versare periodicamente all’istituto mutuante, delle rate costanti nel loro importo, ma non nella loro composizione. Nell’ammortamento alla francese infatti, ad essere uguale non è la quota capitale ma la rata nel senso che le con le prime rate si versano una maggiore quota di interessi e minore di capitale. Nel tempo, la quota di interessi decresce e si incrementa viceversa quella di capitale: ciò vuol dire che nella prima metà delle rate versate, sarà stata restituita una maggior quota di interessi, piuttosto che di capitale.

Tale tipologia di ammortamento, pur diffusamente praticata, presenta alcuni aspetti particolari.

Certamente tale piano può essere non conveniente, ad esempio, ove si voglia procedere ad una estinzione anticipata del mutuo, poichè con le prime rate saranno stati versati solo interessi, mentre il capitale sarà per la maggiore ancora da restituire. Sarà precluso in questo modo il tipico vantaggio dell’estinzione anticipata di un muto: evitare il pagamento di interessi non maturati.

Inoltre si riscontra come rispetto ad un piano di ammortamento “all’italiana”, alla fine del rapporto, a parità di tasso applicato, il piano di ammortamento alla francese rende il costo del mutuo più elevato.

La giurisprudenza di merito più recente è stata chiamata a valutare la conformità alla legge di quei contratti di mutuo che, nel predisporre un piano di ammortamento alla francese, provvedano all’instaurazione, non percepibile da parte del mutuatario, di incremento degli interessi che portano ad un discostamento tra il tasso individuato nel contratto e il tasso effettivamente applicato nel corso del rapporto.

Più precisamente, in taluni casi sottoposti all’attenzione dei giudici, è emerso come tali contratti nascondano una “doppia anima”: da una lato il contratto predispone l’applicazione di un tasso semplice, dall’altro, nell’allegare il piano di ammortamento, si inseriscono clausole che comportano l’applicazione di un tasso d’interesse composto, e dunque generative di fenomeni anatocistici, che nel nostro ordinamento trovano il limite dell’art. 1283 c.c. inoltre, al di là del fenomeno anatocistico, si ritiene che tale tipologia di contratti si ponga in violazione dell’art. 1284 c.c.

Per quanto concerne il fenomeno anatocistico, si richiama sul punto la c.d. sentenza Mastronardi: “il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può volutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare un artificioso incremento nel piano di ammortamento, poiché il calcolo d’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo le regole matematiche dell’interesse semplice. I contratti di mutuo per cui è causa sono mutui con rimborso frazionato, in cui alla banca, durante il rapporto, si restituisce ratealmente il capitale, originariamente prestato, prima della scadenza finale del mutuo stesso: i mutui de quibus vengono estinti con una serie di pagamenti effettuati dal debitore. La rata del mutuo con rimborso frazionato si è calcolata però nel caso in esame, con la formula dell’interesse composto, non prevista nella parte letterale del medesimo contratto, che comporta la crescita progressiva del costo, comprendendo di certo degli interessi anatocistici”(Tribunale di Bari, 29/10/2008, n.113).

Nella prassi sono stati ulteriormente riscontrati contratti strutturati in modo da inserire con varie clausole molteplici modalità di calcolo degli interessi, (e molteplici piani di ammortamento) necessariamente alternative e non compatibili tra esse, in tali casi, viene in rilievo una ulteriore conseguenza giuridica, dovuta al manifestarsi di una indeterminatezza nell’oggetto del contratto, richiesta ex artt. 1418 e 1346 c.c. a pena di nullità.

Così su tali casi si è pronunziato il Tribunale di Milano: “le clausole…pur apparendo di per sé analitiche…si risolvono, da un punto di vista matematico-finanziario, in enunciati non danti luogo ad univoca applicazione ma richiedenti una scelta applicativa tra più alternative possibili, ciascuna delle quali comportante l’applicazione di tassi di interesse diversi: il che vale a dire che tali clausole da un punto di vista giuridico, non soddisfano i requisiti i determinatezza o determinabilità del loro oggetto, richiesto dalla disciplina dei contratti ex artt. 1418,1346 c.c. a pena di nullità, come costantemente affermato in tema di mutuo, dalla giurisprudenza di legittimità” (Tribunale di Milano, 30 ottobre 2013).

È necessario dunque stabilire se fosse consentito al contraente poter conoscere l’effettivo costo del mutuo chirografario, e, in caso di risposta negativa, accertare se fosse legittimo che l’istituto bancario potesse percepire un costo del mutuo maggiore di quanto parte contraente avrebbe potuto desumere facendo riferimento ai dati presenti nel contratto stesso.

Il problema è stabilire se un piano di ammortamento alla francese generi fenomeni anatocistici e/o usurari, e/o di incremento del tasso non previsti (rectius, non percepibili) contrattualmente.

Se il contratto nella sua parte letterale richiama l’applicazione di un tasso, che poi sviluppato (rectius, applicato) nel piano di ammortamento si estrinseca in misura superiore si genera la contemporanea presenza di due tassi inseriti nel rapporto contrattuale, uno apparente ed uno effettivo, e dei due solo il primo è percepibile dal mutuatario.

Sussistendo dunque quella che possiamo definire incertezza o indeterminatezza del tasso sussiste una violazione dell’art. 1284 c.c., nonché dell’art. 117 TUB, commi 4 e 6, e di conseguenza, occorre procedere, mediante la c.d. sostituzione automatica di clausole, ad applicazione del tasso di interesse legalmente determinato, per effetto del combinato disposto ex 1418, 1346, 1284 c.c.

 

 

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